domenica 19 giugno 2011

Capua - Intervista a Marcio Rangel

Capua - Intervista a Marcio Rangel

Il Luogo della lingua Festival di Capua ci regala il sogno sudamericano
Marcio Rangel - Foto Loredana Affinito
La chitarra di Marcio Rangel ha ammantato Palazzo Lanza di note calde ed energiche. Gli spettatori, trasportati dalle armonie che riecheggiavano sulle mura di questo antico palazzo, si sono ritrovati all’improvviso in un mondo fatto di colori ed esplosioni armoniche. Questo l’effetto suscitato dal musicista brasiliano, esibitosi, dopo la piacevole esperienza dello scorso anno, durante il terzo appuntamento de “Il Luogo della Lingua Festival” di Capua. La serata ci ha offerto l’occasione di conoscere meglio l’artista.
Marcio, a che è dovuto il tuo rapporto così stretto con l’Italia?
"Beh, è una storia che parte da lontano. Sono sempre stato convinto della forte affinità tra i nostri due Paesi. Brasile e Italia si assomigliano molto, la gente ha la stessa visione della vita, la stessa creatività e voglia di vivere. A me è capitato di visitare l’Italia dopo gli studi. Avevo già una carriera avviata, e venni in Italia a fare il turista. Destino volle che incontrassi una persona che, convintasi delle mie capacità mi fece debuttare a Santa Maria della Scala a Siena. Da quel momento ho conosciuto amici e colleghi che mi hanno convinto a considerare l’Italia quasi come una mia seconda patria".
A proposito dei tuoi studi, hai scelto un percorso molto particolare.
"Credo che il punto principale consista nel coltivare un dono. Ho cominciato a tredici anni con la prima chitarra, ma ho abbandonato dopo poco. La vera, se così si può dire, illuminazione, l’ho avuta a sedici anni. Ho impugnato la chitarra e non l’ho più mollata. Dopo aver studiato da autodidatta sono passato al conservatorio e una volta diplomatomi ho cominciato la mia strada".
E in tutto questo tempo hai affinato una tua propria tecnica da mancino che prevede semplicemente lo spostamento dell’impugnatura a destra.
"Non ho mai abbandonato questa mia linea. E‘ stata una scelta d’istinto, una via molto faticosa ma che ha dato buoni frutti. Solitamente, i mancini che si avvicinano alla chitarra sono costretti a utilizzare le stesse impostazioni dei destrorsi o al più, come nel famoso caso di Jimi Hendrix, a invertire l’ordine delle corde. Io ho sempre avuto l’idea che adattandomi a una tecnica non creata per le mie capacità sarei riuscito a diventare solo uno dei tanti chitarristi con una discreta preparazione tecnica. Non snaturando la mia dote, invece, ho avuto la possibilità di creare dal nulla nuove sonorità, nuovi accordi, una nuova tecnica che oggi insegno addirittura. Sto anche completando un libro per mettere su carta le sue potenzialità".
Impegni attuali?
Continuo a comporre e a suonare. A breve sarò a Piombino e quest’estate a Capri. La mia collaborazione con Fabrizio Bosso va a gonfie vele e il suo jazz si sposa alla perfezione con la mia musica. Dopo l’impegno di Palavras do Som mi sto dedicando a un altro album che probabilmente si intitolerà Na corda bamba, la corda di un equilibrista che attraversa la vita senza guardarsi indietro.
Parlando proprio di musica, qual’è il genere che senti più tuo?
"Non mi sono mai posto il problema. La separazione in generi è solo una classificazione artificiale che non mi riguarda. Il punto centrale della mia musica è la passione. La musica è energia, entra nel cuore, non ha il filtro della parole, è istinto. La mia guarda all’Africa, agli africani che hanno popolato il sud e il nord dell’America, dando origine a musiche etichettate sotto nomi diversi ma che hanno in comune la stessa madre. E’ questo il filo conduttore che mi porta a considerare sullo stesso piano bossa-nova e jazz. La musica non è un problema di generi e, come diceva il compositore sudamericano Villas Boas, credo che la musica si possa distinguere solo in buona e cattiva, la prima è quella che entra in un orecchio e ti arriva al cuore, la seconda quella che ti entra in un orecchio e ti esce dall’altro. Credo profondamente nel potere della musica e nella sua capacità di trasmettere messaggi positivi. Senza un tale dono tutto svanisce, tutto perde di significato, senza la musica il mondo muore".
Umberto Liguori